Ha vissuto dai 7 ai 19 anni tra i lupi: la storia del “bambino lupo” è diventata un film
Marcos Rodriguez Pantoja a sette anni fu venduto dal padre ad un pastore. E da lì iniziò la sua incredibile vita
E’ conosciuto come “el niño-lobo”, il bambino-lupo, e anche come “il Tarzan dell’Andalusia”. La sua storia è ridiventata di attualità da quando il regista spagnolo Gerardo Olivares ha deciso di girare un film che la racconta. Il film si intitola “Entre Lobos” (“Tra i lupi”)
La storia di Marcos Rodriguez Pantoja – questo è il nome del “bambino-lupo”- fa riflettere su cosa significhi essere “umani” e cosa significhi essere “animali”, non in quanto appartenenti ad una specie o all’altra, ma nelle implicazioni comportamentali che, in genere, vanno attribuite a questi termini usati in senso metaforico e non letterale.
In genere, dire ad un essere umano che è o si comporta “come un animale” ha una valenza dispregiativa, quando non fortemente offensiva. Le storie come quelle di Marco Pantoja capovolgono la prospettiva e ci avvertono del fatto che forse è giunta l’epoca in cui il termine “animale” usato come aggettivo per qualificare un umano, dovrebbe acquisire il valore di una lode e non quello di un’offesa…
La storia di Marcos è iniziata nel 1953, quando aveva sette anni. Era l’ultimo figlio di un boscaiolo e la sua famiglia viveva nella Sierra Morena. Era una famiglia molto povera.
Sua madre morì e il padre si risposò. Il padre non era quasi mai a casa, andava per i boschi tutto il giorno, mentre la matrigna restava con i figli e sfogava le sue frustrazioni maltrattando soprattutto il più piccolo, Marcos appunto. Finché un giorno riuscì a convincere il padre a venderlo.
Sì, a “venderlo”.
Marcos fu così venduto ad un pastore, che però morì ben presto. Il bambino rimase solo al mondo, circondato solo da boschi, montagne e fiumi. Si ritrovò solo, ma era terrorizzato dall’idea di tornare nella civiltà umana, dove era stato soltanto picchiato ed infine venduto al suo stesso padre come un oggetto qualsiasi …
E’ nei boschi della Sierra Morena che Marcos incontrò i lupi e qui iniziò la sua esperienza incredibile: i lupi, infatti, lo adottarono. La specie umana lo aveva rifiutato e lui ne era ormai terrorizzato, ma i lupi no: lo accolsero come uno di loro, come un individuo del loro branco, appartenente alla loro specie, alla loro “famiglia”.
Il racconto fatto da Marcos Pentoja del suo primo incontro con i lupi è da brividi:
«Morto l’uomo che mi aveva comprato mi sono rifugiato nei boschi, non mi avvicinai mai a un essere umano, perché temevo che mi riportassero a casa dalla mia matrigna. Il primo contatto con i lupi avvenne di sera. Stavo in una grotta piena di lupetti, a cui rubai un pezzo di carne per la fame. Tornó la mamma lupa, mi vide, si accorse dai resti vicino a me, capì che avevo tolto il cibo ai cuccioli e mi spinse con una zampata contro la roccia. Poi mi guardó negli occhi e mi avvicinó della carne che aveva appena cacciato. Diventai parte della famiglia».
Chi è la creatura che rappresenta le qualità ritenute più “umane” in questo racconto? Non c’è dubbio sulla risposta.
Marcos disimparò la sua lingua, apprese ad ululare e a comunicare con tutti i segnali dei lupi, si abituò a camminare carponi, a cibarsi come loro e a ricoprirsi con le pelli degli animali cacciati. I lupi lo avevano adottato e lui diventò uno di loro.
Un antropologo e scrittore, Gabriel Janer Manila, studiò il caso di Marcos dieci anni dopo il suo ritrovamento. Lo studioso stabilì che le cause dell’abbandono di Marcos non furono casuali, ma intenzionali, il risultato cioè di un contesto socio-economico di estrema povertà. Manila ha anche accertato che la sopravvivenza del “bambino-lupo” è stata resa possibile dalle competenze di base acquisite nella fase precedente al suo abbandono e, soprattutto, dalla sua straordinaria intelligenza naturale.
Nel 1965 Marcos fu ritrovato dalla Guardia Civile. Racconta lui stesso:
«Un giorno mi circondó la Guardia Civile a cavallo. Avevo i capelli lunghi fino alla cintura, scurissimo di pelle per il sole e la sporcizia, vestito di pelli e con i piedi ricoperti di pelle ruvida e calli, non avevo mai portato scarpe. Cercai di scappare ma mi catturarono, mi portarono da un prete che mi spedí a Madrid da suore che mi bloccarono la schiena tra due assi per riabituarmi a camminare dritto».
Le scene sono state girate nella Sierra Morena, in Andalusia, con lupi nati in cattività, ma di razza selvatica. Quando hanno incontrato Marcos, hanno cominciato a ululare, a leccarlo e a fargli le feste. Gli hanno riconosciuto una specie di «appartenenza».Marcos Rodriguez Pantoja oggi ha 64 anni, Insieme al regista Gerardo Olivares è ritornato in Sierra Morena, proprio in quei luoghi dove ha vissuto con i “suoi” lupi. Apparirà alla fine del film interpretando se stesso.
Il bambino-lupo rientrò nella cosiddetta “civiltà” con non poche difficoltà e non ha mai dimenticato le sue “origini”. Confessa: “Ancora oggi sentire l’ululato dei lupi mi fa bollire il sangue nelle vene”.
Non ha dubbi su una cosa, però: per lui “i veri lupi sono gli uomini”. “Lupi” in questo caso da intendere con quella connotazione negativa di cui abbiamo parlato al principio, e che sarebbe ormai l’ora di abolire.
Essendo quest’uomo vissuto in entrambe le società, quella umana e quella dei lupi, il suo parere è da tenere, secondo noi, in grande considerazione.
NOTA. Le origini del cane sono state sempre un argomento molto discusso, ma sul quale si è fatto ormai luce. Al principio delle ricerche, iniziate con Darwin, prevaleva l’ipotesi che il cane discendesse da varie specie. Ma gli ultimi studi sul DNA dei lupi e dei cani hanno stabilito con certezza che il cane discende solo dal lupo: infatti la differenza tra il patrimonio genetico di un cane e quello di un lupo riguarda solo uno scarso 2%. Per il restante 98% cani e lupi hanno il medesimo patrimonio genetico.
IMMAGINI BACKSTAGE
TRAILER “ENTRE LOBOS”
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