Sia il cane che il lupo sono predatori e, sotto un certo aspetto, a livello ecologico, possono essere considerati uno sostitutivo dell’ altro.Anche a livello tassonomico le due forme devono essere considerate appartenenti alla stessa specie (Canis lupus), essendo fra essi interfecondi e; soprattutto, dando origine ad una prole a sua volta fertile.Sarebbe quindi pienamente rispettata una delle condizioni che la scienza pone per poter attribuire due esseri viventi alla stessa specie.Il problema della convivenza delle due forme, lupo e cane, nasce ed esplode in tutta la sua importanza nel momento in cui si va a considerare l’ impatto che le due forme hanno nei confronti dell’ ambiente. Già in precedenza, in questo stesso lavoro, si è accennato alla questione.
Vi sono infatti delle fondamentali differenze sia a livello comportamentale che a livello di impatto sull’ ambiente che portano a dover fare una netta distinzione fra cani e lupi e a dover giungere ad una serie di conclusioni a tutto sfavore della presenza incontrollata del cane in natura.Per rendere comprensibili le conclusioni ovvie a cui si giungerà in questo lavoro, ma che comunque traspaiono nettamente sin dalle prime righe, occorre premettere una serie di considerazioni, forse altrettanto ovvie, ma che per lo più sfuggono durante 1’analisi del problema.In primo luogo, il lupo, dopo millenni di selezione naturale, si è perfettamente adattato all’ ambiente, sviluppando una serie di tecniche di predazione altamente specializzate e “costruite” sulle prede tradizionalmente presenti sul territorio.Questo adattamento manca nel cane, la cui presenza sul territorio è da imputarsi a sconsideratezza umana. Il cane, infatti, si presenta con centinaia di forme estremamente diversificate, ognuna con una sua caratteristica peculiare, con una sua specializzazione non già frutto di selezione naturale e quindi di adattamento all’ ambiente, ma bensì frutto di selezioni artificiali operate dall’uomo in relazione a sue ben specifiche necessità.In molti casi, quindi il cane si trova in un ambiente a lui estraneo o comunque ostile, soprattutto per quanto riguarda i primi tempi.
Se l’ animale non soccombe, sopravviene una specie di adattamento, il più delle volte consistente nella frequentazione degli immondezzai che forniscono una buona fonte di alimentazione. Per lo più in prossimità di questi, i cani vanno a partorire, aumentando considerevolmente di numero.Anche in questo caso, la riproduzione, si evidenziano grosse differenze nei confronti del lupo. In quest’ultimo, infatti, la riproduzione è affidata a due esemplari dominanti, maschio e femmina, una sola volta l’ anno. Il resto del branco non si riproduce.Nel cane invece, tutti i maschi si accoppiano con tutte le femmine due volte l’ anno.E evidente quindi come il potenziale riproduttivo del cane sia enormemente maggiore di quello del lupo.Tale fatto porta già di per sé ad una conseguenza negativa consistente essenzialmente in una maggiore potenzialità infestante, a livello sanitario, del cane per ben due aspetti. Questo infatti, frequentando elettivamente discariche, sta a contatto con materiali anche infetti, oltre che con animali (principalmente ratti e topi) che in situazioni tipiche quali quelle esistenti nelle discariche divengono portatori di numerose malattie. II cane può contrarre queste malattie e trasmetterle anche a distanza notevole.
A questo si aggiunge il suo notevole potenziale riproduttivo.Nel lupo, i riproduttori sono i due individui dominanti, due individui, cioè, che sono al momento i più forti del branco. Generalmente questo fatto si traduce nella produzione di prole altrettanto forte. Nel cane, il fatto che si riproducano tutti gli individui, ivi compresi quelli portatori di tare, fa sì che anche la prole possa portare tali tare, producendo individui che a lungo andare daranno origine a popolazioni non sane, facili ad essere preda di infestazioni e potenzialmente capaci di trasmetterle. Il tutto va considerato, inoltre, alla luce di una densità di popolazione che nel cane è estremamente maggiore rispetto al lupo con conseguenti maggiori scambi di contatti, oltre che di individui. Qui infatti entra in gioco l’ esistenza di un più o meno marcato stimolo alla coesione, stimolo che, si e visto, nel cane e minimo rispetto al lupo.In una siffatta situazione è facile che si verifichi che individui di cane, passando da un branco all’altro, divengano efficacissimi veicoli di trasmissione di infestazioni.L’ altro problema dovuto alla presenza di un numero elevato di cani vaganti in un ambiente popolato anche dal lupo, prende le mosse dalla situazione anomala delle risorse alimentari disponibili sul territorio.Nella zona in esame queste, se si fa astrazione dalle discariche, sono scarse, essendo numericamente esigue le popolazioni delle possibili prede. In tale contesto la competizione alimentare diviene estremamente pesante, a tutto danno del lupo, numericamente più esiguo. Ciò costringe il nostro predatore ad un maggiore erratismo e, come ultima risorsa per la sopravvivenza ad avvicinarsi sempre più spesso agli allevamenti. Da ciò, prendono origine i consistenti danni al bestiame causati dal lupo.
Il ricorso alla discarica come fonte alimentare alternativa porterebbe anche per il lupo alla esposizione a possibili infestazioni, oltre che ad un progressivo eccessivo avvicinamento dell’ animale ai centri abitati.In una situazione “ambientalmente sana”, cani e lupi di solito non interferiscono in modo pesante fra di loro, se non a livello di competizione per il territorio o per le citate risorse alimentari.In situazioni anomale, come quelle che attualmente si presentano su quasi tutto il territorio italiano e, particolarmente nell’ area del Subappennino Dauno, ove il lupo è estremamente rarefatto ed i branchi sono ridotti a pochi individui e dove sempre più frequentemente ci si trova di fronte a lupi solitari, le interazioni, soprattutto a livello riproduttivo, divengono più pesanti con conseguenze nefaste, a lungo andare, per la stessa sopravvivenza del lupo. Si assiste cioè alla produzione di meticci, risultato dell’ accoppiamento fra cani e lupi, con una prima gravissima conseguenza a livello ereditario, costituita essenzialmente dall”‘inquinamento” del patrimonio genetico del lupo.Nella zona in esame, in effetti, la maggior parte dei “lupi” recuperati morti, presentava, a livello fenotipico, caratteri morfologici alterati rispetto a quelli tradizionalmente presenti in popolazioni lupine piu pure: aumento della taglia, alterazione del colore del mantello, scomparsa o diminuzione di caratteri cromatici tipicamente lupini (barre nere sulle zampe anteriori, alterazione della mascherina cromatica facciale, ecc.), alterazioni morfologiche a carico della forma, dimensione e posizione delle orecchie, a carico della coda (risulta sovente alterato il rapporto lunghezza totale dell’ animale/lunghezza della coda), ecc.
Questi dati rilevati a livello fenotipico sono indice di sicure modificazioni genotipiche, quindi di inquinamento del patrimonio genetico. Tali caratteri “canini”, in caso di ulteriore riaccoppiamento del meticcio con altri cani, verranno trasmessi alla prole e, soprattutto in caso di continuo accoppiamento della prole con altri cani, verranno successivamente rafforzati man mano che procederanno le generazioni sino a far scomparire il genotipo lupo e a dar vita infine a popolazioni esclusivamente canine, sia pure con una componente genetica di tipo lupino. In quel momento si sarà perso definitivamente il predatore selvatico.Ciò, anche se, come evidenziato in precedenza, molto probabilmente in assenza di cani vaganti avremmo già perso il lupo per “esaurimento genetico”.Il problema risulta quindi particolarmente complesso per l’aspetto conservazionistico, come appresso maggiormente evidenziato.Un altro problema legato alla protezione del lupo, e imputabile ancora alla presenza di un elevato numero di cani vaganti, è costituito dalle reazioni di difesa degli operatori agricoli, zootecnici e forestali impegnati quasi quotidianamente sul nostro territorio.Più volte, infatti, sono stati registrati attacchi a persone da parte di cani, attacchi per lo più imputati al lupo. Più volte, infatti, si è sparsa la voce di lupi uccisi per legittima difesa e che, ad una analisi delle carcasse, sono risultati essere cani.Il problema della sicurezza delle persone è un aspetto da non sottovalutare. La cultura tradizionale vuole il cane buono, amico dell’ uomo, mentre il ruolo di cattivo è attribuito costantemente al lupo.
Si genera così una sorta di psicosi che porta come conseguenza a girare per le campagne e per i boschi armati e a sparare al minimo sospetto di aggressione od anche al solo avvistamento di un “qualche cosa che potrebbe essere un lupo. Sono stati eliminati, in questo modo, diversi cani, ma ugualmente sono caduti sotto il fuoco dei fucili anche alcuni lupi. L’ uomo in definitiva è portato a sparare prima ancora che l’ animale mostri un qualsiasi atteggiamento di aggressività, con la scusa che prima o poi, “tanto, attacca”. Questi fatti, testimoniati da piu di una persona, costituiscono un reale pericolo per la sopravvivenza del lupo, costantemente scambiato con il cane (e viceversa con cani costantemente scambiati per lupi). A livello conservazionistico i risultati della ricerca dovranno servire a permettere alla Regione Puglia di prevedere interventi di risarcimento dei danni al bestiame domestico (attualmente la Regione riconosce il risarcimento anche per il lupo, ma a tutt’ oggi non risulta effettuato alcun rimborso), ma nello stesso tempo aprono nuovi interrogativi ai quali sarà doveroso rispondere con ulteriori fasi di indagine. Uno di questi, legato strettamente al problema conservazionistico, è costituito dalla possibilità di ulteriore incrocio con i cani che, si evince dai risultati dello studio condotto, sono piuttosto numerosi in zona.Facendo astrazione dal discorso se sono cani rinselvatichiti, randagi o padronali, il fatto importante resta che questi animali sono liberi di vagare per il territorio, di accoppiarsi, partorire indisturbati ed invadere sempre di più l’ areale del lupo.D’ altro canto il numero estremamente esiguo di questi ultimi ci induce a pensare che esista una forte tendenza all’ incrocio con i cani, a causa della scomparsa, proprio per effetto dell’ esiguità numerica, dell’ effetto branco che porterebbe piuttosto ad una competizione che ad una coabitazione con possibilità di accoppiamento. L’ affermazione fatta circa la presenza di una ventina di esemplari di lupo nel territorio in esame, alla luce di quanto detto, potrebbe opportunamente essere corretta, fino a nuove e più conclusive indagini con l’ affermazione che si tratta di esemplari di lupo o di meticci fra cane e lupo, propendendo per quest’ ultima conclusione flno a prova contraria.
Come già in precedenza accennato, infatti, il progressivo “inquinamento” del patrimonio genetico del lupo con elementi “canini” potrebbe portare, nel giro di pochi anni, alla sostituzione del predatore selvatico puro con una popolazione di meticci che tenderebbero sempre più ad evolversi verso una forma canina con la conseguenza di ritrovarci un territorio popolato da un buon numero di cani selvatici a tutti gli effetti, con conseguenze non facilmente prevedibili. L’unico effetto sicuramente individuabile, infatti, sarebbe quello già accennato, della perdita di un patrimonio faunistico unico al mondo e di una conseguente ulteriore squalificazione del comprensorio.A questi problemi di tutela genetica si sovrappongono inoltre quelli di conservazione delle popolazioni attualmente esistenti sul territorio.La presenza del lupo ha infatti innescato una serie di reazioni da parte degli operatori zootecnici, e non solo di questi, consistenti in definitiva in una attività serrata di caccia al predatore, forse per un risveglio di ataviche paure o, talvolta; di semplici bravate consistenti nel far vedere a qualche amico che si è ancora capaci di uccidere lupi.Si sono persi, in questo modo, da alcuni anni a questa parte, un buon numero di esemplari, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza della specie, a livello immediato.Il rinvenimento dei citati esemplari di lupo nel territorio pugliese, messo a confronto con la mentalità corrente, ha posto quindi un primo immediato problema pratico riguardante la loro effettiva tutela.L’Amministrazione regionale infatti, finora non ha mai pagato i danni attribuiti al lupo, verosimilmente per la mancanza di “dati certi” sulla sua presenza sul territorio.L’ attribuzione dei danni ai cani vaganti ha quindi provocato una serie di reazioni di autodifesa degli operatori zootecnici, reazioni generalmente consistenti nell’ abbattimento, quando possibile, dei cani randagi, aiutati in ciò da numerosi cacciatori che non fanno mistero del fatto di essere coinvolti in questo genere di “bonifica”.
Questo atteggiamento di autodifesa, virtualmente indotto dall’ atteggiamento di noncuranza dell’Amministrazione, mette quindi in serio pericolo l’effettiva sopravvivenza del lupo in quanto ben poche persone, per quanto esperte, e per quanto intenzionalmente vogliano impattare sul cane, possono avere la sicurezza, soprattutto di notte, di riconoscere un cane dal predatore selvatico.D’ altra parte, l’ atteggiamento delle Amministrazioni sollecita il risveglio e la sopravvivenza ancora, in zona, dell’ idea che le attività umane e la conservazione del patrimonio naturale non possano assolutamente andare d’ accordo.È necessario quindi un deciso e tempestivo intervento dell’Amministrazione regionale a livello legislativo, con l’ adozione di una normativa che permetta il risarcimento dei danni da fauna protetta e nel contempo prevveda l’ elaborazione urgente di un piano, basato su seri presupposti scientifici ed affidato a personale competente, per il risanamento del territorio dal randagismo canino, soprattutto tenendo ben presente che gli interventi degli “accalappiacani” non possono essere assolutamente considerati una soluzione al problema anche perché la loro azione si svolge prevalentemente in ambiente urbano, trascurando quasi del tutto i nuclei di cani che gravitano nelle campagne e nei boschi e che, come abbiamo visto, costituiscono il grosso del fenomeno dei cani vaganti.Esiste inoltre un ulteriore problema costituito dalla legislazione attuale che impedisce l’eliminazione dei cani vaganti e obbliga le Amministrazioni al loro mantenimento in strutture comprensoriali che rappresenterebbero, allorché fossero realizzate, un impegno di spesa notevolissimo sia in strutture, sia in persone (custodi, inservienti, veterinari) sia, da ultimo nello stretto mantenimento delle popolazioni ospiti.
A dir la verità, comunque, negli ultimissimi anni, per merito di una azione capillare svolta da più persone sensibili, si è notato un leggero cambiamento di atteggiamento almeno da parte degli operatori agricoli e zootecnici più illuminati che non parlano più dei lupo come una calamità naturale ma, spesso, ne accettano la presenza, aumentando si le precauzioni a protezione del bestiame, ma non riuscendo a nascondere del tutto una punta di orgoglio per il fatto che nel loro territorio esista ancora questo comunque leggendario predatore.Le ricerche di cui qui si accennano i primi risultati non devono e non possono comunque essere considerate definitive. Sono necessari interventi di finanziamento di ulteriori fasi da attuare quanto prima e tese ad accertare con maggiore precisione le zone di presenza del lupo, eventuali ulteriori incrementi dei tre piccoli nuclei e soprattutto la dinamica degli spostamenti dei branchi.Occorre, inoltre, a questo punto, studiare le dinamiche delle popolazioni oltre che un effettivo piano di salvaguardia della specie che, al di là di ogni interpretazione, rimane comunque un elemento estremamente qualificante per il territorio.Questo piano di conservazione, naturalmente non può passare attraverso la sola tutela dell’ animale con il divieto di uccisione, ma deve forzatamente comprendere una ben più vasta gamma di interventi, con miglioramento della situazione ambientale, controllo dell’ azione dell’uomo sul territorio, miglioramento delle presenze faunistiche con adeguati e studiati interventi di ricostituzione delle eventuali prede del lupo, ecc. Non è infatti possibile proteggere la singola entità, facendo astrazione dal contesto che permette alla stessa entità di sopravvivere.Così, alla luce delle ricerche sulle dinamiche di spostamento degli esemplari, ad esempio, dovranno essere adottati particolari accorgimenti nella effettuazione del periodico taglio degli alberi per la ceduazione, soprattutto quando tale attività va ad impattare nelle zone ove si svolge l’attività riproduttiva del predatore, magari tutelando quel sito e non permettendovi l’accesso all’uomo. Sono in effetti piccoli interventi concordabili con gli esperti del settore, interventi che non costano assolutamente nulla e che, al contrario, servono a qualificare ancora di più il territorio.