Il lupo rosso fu descritto per la prima volta da Bartram nel 1791; intermedio per quanto riguarda le dimensioni tra il lupo (Canis lupus), diffuso a nord e a ovest, ed il coyote (Canis latrans), allora presente solo negli Stati Uniti occidentali, era diffuso originariamente nell’area atlantica degli Stati Uniti sud-orientali, dal Texas centrale alla valle dell’Ohio a nord. La persecuzione umana diretta è stata la principale causa della sua progressiva sparizione, che assunse proporzioni tali che nei primi anni ’70 la specie (o meglio, la sottospecie Canis rufus gregoryi, forma intermedia tra Canis rufus floridanus e Canis rufus rufus, forme oggi entrambe estinte) sopravviveva con pochi individui nella Louisiana sud-occidentale e nel Texas sudorientale. Il rischio della diluizione del pool genico della specie con quello del coyote era inoltre pressante, dal momento che l’isolamento riproduttivo delle due specie, presente da migliaia di anni e garante della separazione delle stesse, era venuto improvvisamente meno con la costrizione della residua popolazione di lupo rosso in questo ultimo lembo di area di prateria costiera. In effetti, gli ultimi individui di lupo rosso non riuscivano semplicemente a trovare un conspecifico nel periodo riproduttivo (Parker 1987), ed il numero degli incroci con il coyote aumentava continuamente. Il programma di allevamento in cattività fu iniziato, come parte del più generale Red Wolf Recovery Plan (piano di recupero del lupo rosso), nel novembre 1973, dopo che il lupo rosso era stato inserito nella lista delle specie in pericolo su scala federale l’11 marzo 1967. In seguito all’approvazione dell’Endangered Species Act nel 1973, il lupo rosso fu selezionato per priorità di trattamento, in considerazione della sua gravissima situazione. I primi lupi rossi arrivarono al Metropolitan Park Board di Tacoma, Washington, nel febbraio 1969: l’ultimo nel marzo del 1979, mentre nell’autunno del 1980 il lupo rosso fu considerato estinto allo stato selvatico (Parker 1987). Gli obiettivi del programma di allevamento in cattività, che tra l’altro è stato proposto più come ipotesi futuribile che altro, anche per l’orso bruno del Trentino (in effetti in questo caso non si tratta di salvare una specie dall’estinzione quanto una possibile sottospecie o comunque una popolazione con particolare valore sociale e di eventuale nucleo di espansione…), sono essenzialmente 3:
1) verificare il grado di purezza genetica dei lupi catturati allo stato selvatico *;
2) incrementare il numero di lupi rossi geneticamente puri allevati in cattività (si è accennato al pericolo di diluizione del patrimonio genetico del lupo rosso per gli incroci con il coyote…);
3) mantenere un pool genico continuo di lupo rosso per la reintroduzione della specie allo stato selvatico e/o per la distribuzione ad altri giardini zoologici selezionati. Un modello sviluppato nel maggio 1988 (integrando il Red Wolf Recovery Plan dell’United States Fish and Wildlife Service, USFWS, in uno Species Survival Plan dell’Unione internazionale per la conservazione della natura), che include gli obiettivi gestionali sia per il segmento in cattività che per quello selvatico della popolazione di lupo rosso, indicava che il progetto di allevamento in cattività doveva essere portato a circa 220 animali (da una popolazione che allora assommava a 77 animali, tutti discendenti da 17 fondatori puri, ed al 31 dicembre 1992 è pari a 155), e una popolazione selvatica, derivata ovviamente da reintroduzioni, di circa 330 animali (da una popolazione allora di 8 ed oggi di 42-47 soggetti). Questa popolazione per così dire espansa e combinata avrebbe potuto prevenire i problemi associati alla deriva genetica (Foose 1986; cfr. anche Ciucci, Boitani 1991 per un’analisi dettagliata di questa problematica riferita alla popolazione di lupo appenninico). In questo contesto, i lupi rossi allevati in una trentina di zoo e parchi sono gestiti per mezzo di incroci controllati come una singola popolazione, piuttosto che come individui di molte piccole (ed a volte piccolissime) popolazioni.Si è fatto cenno alla necessità di procedere per l’esecuzione del piano di recupero ad operazioni di reintroduzione: in effetti, alle 9.30 del 14 settembre 1987 due lupi rossi adulti, nati e cresciuti in cattività, furono rilasciati nell’Alligator River .Nel periodo 1973-1980 oltre 400 canidi selvatici furono catturati nell’area sopraindicata, e sottoposti a tutti gli accertamenti necessari ai fini dell’attribuzione corretta alla specie lupo rosso: solo 40 furono quindi ammessi come probabili lupi rossi al programma di riproduzione controllata in cattività.
National Wildlife Refuge (ARNWR) nella North Carolina nord-orientale, una vasta penisola isolata su tre lati dalle acque: si trattò della prima volta in cui questa specie, estinta allo stato selvatico con popolazioni naturali, ritornò in una porzione del suo areale originario. La seconda fase del piano di recupero prevede infatti il ristabilimento di alcune popolazioni (almeno tre) in libertà, a partire da soggetti allevati in cattività, ed è la fase più interessante per quanto riguarda i possibili spunti per l’esecuzione del piano di recupero dell’orso bruno nell’area del PNAB. Le aree prescelte fino ad oggi sono il già citato ARNWR, il Parco nazionale delle Great Smoky Mountains (GSMNP), ed alcune isole minori della costa atlantica statunitense, che hanno assunto significato nella fase iniziale del programma come aree pilota per l’addestramento alla vita selvatica di giovani lupi nati da soggetti allevati in cattività e rilasciati appunto sulle isole poco prima del parto.L’esperimento di reintroduzione del lupo rosso nell’ARNWR si è concluso nel settembre 1992: in cinque anni sono stati rilasciati 42 lupi in 15 occasioni, ed inoltre almeno 23 sono nati allo stato selvatico durante questo periodo; al 31 gennaio 1993, la popolazione in libertà dell’ARNWR comprendeva dai 30 ai 35 soggetti. Sotto ogni rispetto l’esperimento è stato un successo, ed ha generato benefici che vanno al di là dell’immediata preservazione dei lupi rossi, per estendersi all’influenza sull’atteggiamento della pubblica opinione e delle comunità locali, alla creazione di sforzi di conservazione di più ampia portata, e all’impulso nei confronti di altre campagne di salvaguardia di specie in pericolo di estinzione. Quattro punti più significativi sono emersi nel corso di questi anni:
1) dal momento che ogni problema gestionale che si è venuto a creare è stato risolto senza provocare agli animali danni a lungo termine e con pochi inconvenienti per i residenti nell’area di rilascio, si è potuto concludere che si può ristabilire una popolazione di lupi in maniera controllata;
2) restrizioni significative nell’utilizzo del territorio si sono rivelate non necessarie per la sopravvivenza dei lupi rilasciati; al contrario, le regolamentazioni per la caccia e l’attività dei trappers nell’ARNWR sono rimaste immutate o addirittura sono state rese più permissive durante l’esperimento. Per inciso, nella situazione dell’orso bruno del PNAB sicuramente una delle prime condizioni da verificare sarà proprio questa, con le ovvie ricadute in termini di consenso sociale all’operazione di reintroduzione: sono considerazioni che verranno riprese in seguito;
3) il budget annuale per il progetto è stato di circa 200.000 dollari (circa 340 milioni di lire). Assumendo un fattore moltiplicativo di 3,0 il progetto ha generato un “movimento di denaro” pari a circa 600.000 dollari (1.020 milioni di lire) annualmente: dal momento che la maggior parte di questo denaro proveniva dalla North Carolina orientale, l’operazione ha evidentemente stimolato in modo significativo l’economia locale;
4) l’area di reintroduzione, che comprende circa 250.000 acri, probabilmente non può sostenere una trentina di lupi per un esteso periodo di tempo. In effetti, fenomeni di dispersione si sono verificati e continueranno a verificarsi dal momento che 17 lupi (il 60% della popolazione) sono più giovani di due anni. In aggiunta alla dispersione, il futuro della popolazione di lupo rosso è minacciato dalla sua stessa esiguità: molti eventi stocastici (epizoozie, eccetera) possono far sì che una simile popolazione si estingua. Nel novembre 1991 inoltre, l’USFWS in cooperazione con il National Park Service ha sperimentalmente reintrodotto un singolo gruppo familiare di lupi rossi nell’area del Cades Cove nel GSMNP. Questa operazione era stata ideata per verificare la fattibilità di ristabilire una popolazione autosufficiente di lupo rosso nell’area del Parco nazionale e limitrofe proprietà del National Forest Service. Il periodo sperimentale si è concluso nel settembre 1992 con la cattura dei rimanenti tre membri del gruppo rilasciato. Il 9 ottobre 1992 un altro gruppo familiare di 6 lupi rossi (due adulti, quattro piccoli) è stato rilasciato a Cades Cove, ed il 9 dicembre un secondo gruppo familiare di sei lupi ha iniziato la vita in libertà in un’area più rappresentativa delle condizioni medie, in termini di offerta alimentare soprattutto, del GSMNP (Cades Cove è in effetti caratterizzata da condizioni ottimali sotto questo profilo, del tutto particolari rispetto al restanteterritorio del Parco). Tutti i lupi rilasciati, che costituiscono il nucleo della seconda fase della reintroduzione nel GSMNP (dopo quella sperimentale iniziale), sono dotati di radiocollare e non ne è prevista la ricattura, eccezion fatta per le necessità di sostituire le batterie delle radiotrasmittenti dopo due o tre anni.